“Che sia il caso di andare dallo Psicologo?” “Ma dai, sei matto….? Facciamoci una birra che è meglio!”
Lo stigma verso la Psicologia ricorre su vari livelli digital-comunicativi rimbalzando tra sostenitori-oppositori e una schiera di ignavi.
“Le conseguenze psicologiche del CoViD-19 sulla popolazione del Veneto orientale nello studio internazionale COH-FI”, seminario live streaming tenutosi lo scorso 19 gennaio a cura dell’ULSS4 Veneto Orientale. Una conferma della gravità della situazione della salute mentale a seguito della Pandemia su dati derivanti da una ricerca internazionale tradotta in 30 lingue e riguardante le popolazioni del mondo. Si osservano dati molto simili sui vari contesti continentali ribaditi poi dalla stessa ricerca per la popolazione del Veneto; interessante l’apporto degli specialisti medici attraverso le esperienze con i pazienti dei rispettivi reparti, dalla psichiatria alla medicina interna, dal dipartimento di prevenzione alla neuropsichiatria. Tutti allineati a confermare le evidenze oggettive dei dati statistici. Le conseguenze psicologiche si fanno sentire e, soprattutto, l’impatto sarà a medio lungo termine. Sarà necessario potenziare le attività a sostengo della salute mentale e psicologica.
Domanda: perché a questo convegno non sono stati invitati gli Psicologi? Mi sarei aspettato che oltre alla classe medica fosse stato chiamato un qualche rappresentante degli operatori sanitari della salute psicologica alias gli Psicologi.
Una prima evidenza della bassa efficacia dei dispositivi sanitari a sostegno della salute psicologica è la scolleganza tra varie discipline a scapito di un piano di intervento integrato. Esiste un solo criterio di partenza: la SALUTE. La NUOVA DEFINIZIONE DI SALUTE presentata nel 2011 la definisce come “la capacità di adattamento e di auto gestirsi di fronte alla sfide sociali, fisiche ed emotive”, quasi un’inversione di rotta rispetto alla precedente definizione del 1948 dove il focus era primariamente sulla parte fisica, poi su quella psicologica e infine su quella sociale (cit. “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non semplicemente assenza di malattia o infermità”).
Dunque alla base della SALUTE si pone la nostra capacità di intervento partendo dal nostro essere SOCIALE, sulle nostre capacità di regolazione della qualità delle relazioni al fine di generare la resilienza delle emozioni. Generiamo continuamente stati socio-relazionali attraverso una regolazione delle bio-emozioni: Candance B. Pert nel sul libro Molecole di emozioni afferma “le recenti innovazioni tecnologiche ci hanno consentito di analizzare le basi molecolari delle emozioni, e cosi abbiamo cominciato a capire in che modo le molecole delle nostre emozioni sono connesse in modo intrinseco, direi addirittura inscindibile, alla fisiologia. Sono le emozioni, ho finito per capire, a unire fra loro mente e corpo“.
Le professioni sanitarie dovrebbero lavorare al netto delle ristrette aree di competenza con il compito primario di allineare lo stato di salute collettiva e sociale: scienze sociali, mediche, fisiologiche per raggiunger un unico obiettivo di evoluzione socio culturale e di benessere.