Si fa un gran parlare delle emozioni, guru aziendali e predicatori di saggezza favellano emozioni spolverandole di scienza come nelle ricette: QB.
Non basta. o meglio basta quale semina di zizzania mediatica, inzuppando le sinapsi degli astanti di un brodo torpido affatto nutriente. Le neuroscienze avanzano e le conoscenze sul funzionamento del cervello sono frutto di duro lavoro di team multi disciplinari attraverso tecnologie complesse: ogni notizia pubblicata e diffusa è l’estratto di ricerche e fatica.
Mi chiedo quanto possa essere utile parlare della viralità della paura ai tempi del Covid, giustificando una naturale predisposizione del cervello rettiliano. Come dire è normale se hai paura. E’ paura se ritrai la mano di fronte al saluto di una persona?
Credo sia opportuno parlare di conoscenza e coscienza di fronte al generasi di emozioni, certo intrinseche al nostro essere biologico e psicologico. Riconoscere e decodificare il sentito emotivo per tradurlo in conoscenze: se mi porgi la mano, perché lo fai in tempo di Covid? Riconosco nell’altro la sua emozione? Provo a decodificarla in comportamento congruente?
Porgo la mia mano, nutro l’aspettativa dell’altro di essere riconosciuto, confortato, amato.
Sciolgo la paura, disattivo l’amigdala e archivio nell’ipotalamo una memoria positiva. In modo sincrono la corteccia frontale, il radar in grado di codificare le possibilità ha individuato alcune soluzioni pratiche per l’utilizzo del gel.
Cervello emozioni comportamento conoscenza coscienza sono ingranaggi di un tutt’uno dinamico multiforme: approfondire durante tutta la vita permette di scoprirci quali esseri dal potenziale infinito.