Il dottor Giampietro Nardo è psicologo psicoterapeuta, formatore e applicatore del Metodo Feuerstein. E’stato in servizio presso UOC Servizio Età Evolutiva e presso UOS disabilità età adulta di San Donà di Piave. E’ stato anche docente a contratto per l’Università Cà Foscari / SISS per l’apprendimento del Metodo da parte degli insegnanti delle scuole medie inferiori e superiori. Ha tenuto corsi sul Metodo presso varie Aziende sanitarie nazionali.
AZ: Perché F. è arrivato a trovare un metodo per il trattamento delle persone? Diverso perché?
Mentre gli psicologi puntano a una valutazione classica come ad esempio quella del QI, F. punta alla valutazione dinamica della potenzialità dell’individuo scovando dove sono le carenze e sulle quelle stesse carenze con un programma. Nel programma è stabilito dove intervenire partendo da uno strumento fondamentale ovvero la Carta Cognitiva: con la Carta Cognitiva è possibile conoscere il programma che il Mediatore deve attuare per consentire l’esprimersi dell’efficacia degli strumenti applicati con i soggetti: il Mediatore in questo modo sa in quali funzioni cognitive sta intervenendo, nella Carta Cognitiva sono indicati contenuti, modalità, funzioni, livello di efficienze e di efficacia. Avendo la carta cognitiva il Mediatore sa come impostare il lavoro con il soggetto osservando le evoluzioni nel senso di miglioramento o peggioramento dello stesso. La valutazione iniziale creerà i presupposti di metodo per la carta cognitiva. Ricordo che ogni strumento proposto ha una sua Carta Cognitiva.
I normali applicatori del Metodo applicano gli strumenti senza l’utilizzo della Carta Cognitiva; la Carta Cognitiva, utilizzata degli Psicologi applicatori, i quali, attraverso tale valutazione, sanno esattamente quale strumento attuare in seguito in relazione alla carenza individuata
AZ: Dottor Nardo, lei è psicologo e psicoterapeuta e sta applicando, tra le altre, la tecnica del prof. R. Feuerstein con i bambini, adolescenti e adulti del territorio. Da quanto tempo conosce il metodo del professore israeliano?
Da più di vent’anni.
14.1 Feuerstein e le scienze cognitive
AZ: Considera R. Feuerstein come un educatore, uno psicologo illuminato oppure uno scienziato delle scienze cognitive?
E’ uno psicologo che sarebbe giusto considerare all’interno del mondo della neuropsicologia, avendo considerato il principio della potenzialità dell’individuo e non delle capacità.
AZ: Dalle sue parole traspare una certa passione, un intimo convincimento frutto di un’esperienza profonda tra lei e la tecnica, quasi un’adesione ad una filosofia di vita passando per un processo tecnico…
Si, devi essere fortemente convinto e motivato nella capacità del Metodo di apportare dei cambiamenti nei soggetti trattati, specie laddove altre tecniche riabilitative non hanno prodotto risultati. Quando si interviene in un trauma cranico oppure in una disabilità medio-grave dove non esistono tecniche di recupero, Feuerstein afferma che, studiando il funzionamento del cervello, è possibile impostare delle attività che vanno a modificare i processi cognitivi. Cosa succede al cervello della persona quando riceve uno stimolo nella fase di input? Come viene elaborato? E la risposta come viene data? Le attuali neuroscienze e la neuropsicologia studiano ad esempio la memoria e l’attenzione in relazione ai loro processi attivati da stimoli esterni. Feuerstein intuì il meccanismo del funzionamento del cervello e creò un Metodo con il quale modificare le strutture neuroniche non appropriate. Una volta si diceva che dopo i 9 anni è impossibile qualunque riabilitazione in quanto il cervello è formato, rievocando in ciò lo schema di Piaget; contrariamente F. dice che esiste sempre la possibilità di miglioramento, sta al Mediatore capire come funziona quel cervello per farlo funzionare meglio. Ecco perché la conoscenza delle funzioni cognitive correlate alle diverse aree del cervello è fondamentale nell’applicazione del suo Metodo.
AZ: Dunque tecnica e passione unite insieme per arrivare ai risultati.
Si, in particolare è necessario diventare dei Mediatori secondo i principi codificati dal Professore, che, ricordiamo, sono: gli esseri umani sono modificabili, l’individuo che sto educando è modificabile, Io sono in grado di modificare l’individuo, Io stesso sono una persona che può e deve essere modificata, la società è modificabile e deve essere modificata. Ogni mediatore deve partire da un vero e proprio Credo, da un’intima convinzione che farà giungere al risultato la persona trattata.
14.2 Modificazione e non terapia
AZ: È possibile parlare di terapia quando un soggetto inizia un percorso con lei?
- F. non parla di terapia ma parla di modificabilità della persona. Il Metodo è applicato spesso nei gruppi piuttosto che alle singole persone perché il gruppo dei pari è quello che può modificare la person Gli interventi possono essere indirizzati a tre o quattro ragazzi in contemporanea. L’ambiente, gli stessi compagni di esperienza mediata diventeranno mediatori nella discussione di gruppo; alla fine di ogni batteria, il soggetto può imparare altre strategie dagli altri compagni. Ascoltando e vedendo gli altri. Ecco perché diventano loro stessi i mediatori. Non è una terapia in senso stretto, ma si affronta un percorso per la modificabilità degli individui. Importante sottolineare come nella pratica lo Psicologo applicatore deve chiedere il consenso ai genitori in quanto il Metodo modificherà il figlio. La seconda attività da ricordare quale elemento importantissimo al fine della modificabilità è effettuare il Parent Training per i genitori e molto spesso anche per gli altri componenti della famiglia.
14.3 I Neuroni Specchio
AZ: La modificabilità della famiglia e dell’ambiente. E’ importante la teoria dei neuroni specchio in questo contesto?
Certo, i neuroni specchio rappresentano la spiegazione scientifica del principio di Modificabilità di Feuerstein. L’effetto mirroring sarebbe alla base dei miglioramenti dei soggetti con gravi disturbi, coinvolti in cicli terapici con i genitori quali parti integrante e attiva della terapia. Il principio 3 e 4 di Feuerstein recitano “Io sono in grado di modificare l’individuo e io stesso sono una persona che può e deve essere modificata”. Tutti sono mediatori di se stessi e degli altri con cui interagiscono. Non sono solo le specifiche azioni terapeutiche ad essere oggetto del rispecchiamento, ma anche l’umore, la convinzione positiva, la determinazione dei famigliari coinvolti nel progetto di miglioramento terapeutico.
AZ: A quanti soggetti ha applicato il metodo nel corso di questi anni?
Centinaia.
14.4 Patologie e Metodo
AZ: Che tipo di patologie presentano i pazienti che tratta con il metodo?
ADHD, enuresi, iperattività, DSA, traumi cranici, problemi comportamentali scolastici, insufficienti mentali lievi e medio lievi per quanto riguarda l’età adulta. Tutti i soggetti che sono certificati come disabili intellettivi nella scuola media e superiore, gli handicappati con insegnante di sostegno.
14.5 LPAD in pratica
LPAD e MCS: quali modalità utilizza per la gestione degli strumenti presentati da F?
LPAD è una batteria per la valutazione e si può usare a discrezione: ad esempio gli insegnanti solitamente non la usano. Per usare LPAD è necessario avere una formazione specifica. Per avere la Carta Cognitiva si dovrebbe passare attraverso la valutazione LPAD, ma non tutti i soggetti vengono visti con lo strumento per una questione di tempo in quanto richiede dalle 8 alle 10 ore di applicazione a soggetto; in secondo luogo per una questione legata al sostegno dei costi, specie nelle strutture pubbliche. In ambito scolastico, ad esempio, un’intera classe non potrebbe essere interamente valutata, ecco allora che gli insegnanti applicatori avranno appreso una modalità alternativa per arrivare ad una Carta Cognitiva senza passare attraverso LPAD. Di fatto ogni batteria dà una guida per arrivare alla carta cognitiva necessaria ad una buon utilizzo dello strumento in uso. L’insegnante conosce già verso quali obiettivi è indirizzato il lavoro degli strumenti che utilizza. Diversamente LPAD è richiesto e necessario nei casi di valutazioni specifiche per soggetti singoli, come ad esempio i genitori che decideranno di applicare il Metodo per il figlio, partiranno dall’LPAD attraverso esperti del Metodo. Altra difficoltà per LPAD è la mancanza di tariffe per la sua applicazione a livello dei cosiddetti Livelli Essenziali imposti dal Sistema Sanitario per il riconoscimento del pagamento; in altre parole non è una prestazione mutuabile. Ergo nella pubblica amministrazione non si applica la valutazione con LPAD.
AZ: Nell’LPAD esistono tre fasi caratteristiche, pre test, mediazione e post test. Nella sua esperienza pratica, quale delle tre ritiene più importante e perché?
Si, nella teoria è scritto cosi. In pratica, siamo fuori dal contesto classico in cui si somministra un test con fasi ben definite, in cui si sottopone il soggetto ad un quesito e lo Psicologo annota la risposta. Non è cosi: prima si spiega che cos’è la prova, poi la si esegue con la mediazione e si osserva quanto il soggetto ha capito attraverso quella tessa mediazione. Possiamo ricollegare LPAD al concetto di Zona di Sviluppo Prossimale, valutando quanto aiuto ho dato io a quel soggetto. Tutti i soggetti possono riuscire in un test, partiamo dal fatto che non si contano gli errori. Si contano i momenti di mediazione attraverso i quali siamo giunti al risultato. Se un soggetto ha avuto 10 mediazioni, l’obiettivo per il Mediatore sarà portarlo a zero. Il risultato si avrà sempre, dovrò tener conto di quanta mediazione sarà necessaria per raggiungerlo. LPAD mi indica proprio questo, non dà indicazioni se un soggetto e più o meno bravo, né i livelli di efficienza nell’eseguire il compito. Il mediatore, in altri termini, valuta con LPAD quanto il soggetto avrà bisogno dell’aiuto del Mediatore stesso per giungere al risultato finale. Il mediatore parte dall’idea che il soggetto ce la farà e si pone la domanda “quanto e quale lavoro dovrò fare io? Che tipo di strumenti dovrò utilizzare? Che tipo di mediazione sarà efficace?” Siamo difronte ad una valutazione dinamica. Una valutazione statica può indicare la misurazione del QI, dando valori numerici dei risultati ottenuti, degli errori. LPAD non darà mai il numero degli errori.
14.6 Ruolo del Mediatore
AZ: Feuerstein afferma che gli strumenti possono essere somministrati solo dopo un accurato training da parte degli mediatore, quasi un periodo di ricondizionamento, per usare un linguaggio pavloviano, necessario per apprendere non solo il contenuto tecnico ma soprattutto una nuova tipologia di relazione…
Essendo un’ applicazione dinamica, il Mediatore deve conoscere i processi mentali del soggetto. Non è importante eseguire la scheda. Nella riabilitazioni classiche si somministra una scheda e se ne osserva il risultato. Con il Metodo si osservano di più le modalità attraverso le quali opera un soggetto ponendosi le domande sul perché sbaglia o commette gli errori. Il mediatore è prima di tutto un osservatore attento delle dinamiche del lavoro eseguito dal soggetto. E’ attivo e partecipe al lavoro, partendo da domande fondamentali a se stesso per la buona riuscita dell’applicazione. Bisogna entrare nelle difficoltà del soggetto per comprenderle davvero, stare con il soggetto, partecipare al suo lavoro. Ogni scheda nasconde un principio, il Mediatore deve far focalizzare l’attenzione del soggetto sulle idee che sottendono al lavoro per arrivare a quel principio. Successivamente si fa una trasposizione nei vari ambiti in cui si trova il soggetto, scolastico, lavorativo, famigliare affinché si possa imprimere in memoria il cambiamento avvenuto. Ecco perché si parla di modificabilità strutturale, viene cambiata la struttura della mente, non si impara a memoria una tecnica. Ad esempio se prendiamo le schede Organizza zione di Punti, sembra che ogni quadrato sia lo stesso, invece il modo per arrivare ad ogni quadrato cambia ogni volta, imparare a memoria non va bene. Vengono modificate le strutture cognitive dei soggetti ecco perché, ribadisco, viene chiesto il consenso ai famigliari prima dell’intervento.
AZ: Alla luce della sua esperienza e rivedendo in una rapida carrellata tutti coloro ai quali lei ha applicato il Metodo, si sente di chiamarli soggetti, pazienti, studenti, oppure è più appropriato, dato l’impianto psico-teorico e la filosofia che sottende al Metodo, parlare di Persone?
Persone che Pensano. Infatti il metodo è imparare ad imparare, attività che non viene insegnata nella scuola, luogo deputato all’istruzione. In quel luogo si dice impara a memoria, impara come io, insegnante, ti dico di fare. L’idea diversa è invece insegnare, quindi imparare, a lavorare in autonomia.
AZ: Modificazione Attiva a partire da chi si pone come mediatore, capace di modificarsi attivamente ad ogni paziente per dare e avere congruenza alle dinamiche relazionali. Crede esista una differenza tra accettazione passiva e la modificazione proposta da F? in che senso accettazione passiva?
14.7 MA e AP nella pratica
Diventa attivo perché i soggetti partecipano al lavoro, si rendono conto di quel che stanno facendo. Ad esempio io potrei dire ad un ragazzo, vediamo che carenze hai in fase di input; in seguito porterò quel ragazzo a percepire il perché sbaglia un compito arrivando ad una modificazione attiva. Quando un soggetto sa che lo sbaglio è dovuto all’eccessiva fretta, alla non curanza per i dettagli, il soggetto conoscerà la causa direttamente dall’interazione con il Mediatore, senza che questi possa dirglielo direttamente; sarà un processo di autoapprendimento indotto dall’esperienza attiva. Mai dire al ragazzo cosa fa e perché sbaglia. È lui, il soggetto, che arriverà a capirne il motivo guidato dal Mediatore.
AZ: La distinzione tra Modificazione Attiva e Accettazione Passiva ci conduce anche all’idea delle valutazione dinamica. Crede che il Metodo sia incline alla conferma della tesi per cui la valutazione statica sarebbe poco centrata nel trattamento di soggetti in età scolare o età di apprendimento mentre le reali potenzialità dovrebbero essere osservate con strumenti di valutazione dinamica? Ha dei casi a conferma di questa impostazione?
Tutti i casi dei soggetti ADHD trattati con farmaci; con il Metodo i soggetti arrivano a capire ad esempio i comportamenti esagerati che adottano, vengono portati a ragionare quanto è importante il controllo dei propri impulsi attraverso le schede dove si accorgono che, facendo le attività troppo veloci, cancellando in continuazione, non riflettendo sui compiti che stanno svolgendo, avranno certe conseguenze.
Li si porta verso una fase di autocritica. Se invece il soggetto prende un farmaco e viene sottoposto a un training dove gli viene spiegato ciò che può e non può fare, si avrà una qualche forma di apprendimento, forse, non certo la modificazione che porta il soggetto al vero cambiamento strutturale. Si passa da una situazione cara ai comportamentisti ad una situazione dinamica, dove sono i soggetti stessi a trovare la soluzione ai loro problemi.
E’ vero che i tempi della dinamica sono più elevati, il farmaco ha effetti più immediati, ma in questo modo si creeranno anche le premesse per una reale dipendenza dal farmaco stesso. La tecnica del Metodo è certamente più lunga ma i risultati sono migliori e duraturi. Ciò è confermato anche da alcune ricerche che hanno dimostrato come il Metodo sia realmente più efficace: la differenza grande nella sua diffusione sta nella mancata sponsorizza zione; le case farmaceutiche non hanno interesse, ovviamente, a bloccare o limitare la somministrazione di farmaci, attaccando il Metodo affermando la sua non scientificità.
Nelle mie ricerche, i ragazzi DSA trattati con il Metodo hanno avuto miglioramenti incredibili e duratori senza la dipendenza creata dai farmaci. In alcune scuole del basso Piave –comprensorio di Jesolo – dove io ho formato diversi insegnanti, abbiamo osservato come i disturbi DSA si siano via via attenuati con l’applicazione graduale, paziente e costante del Metodo. Non solo in termini di risultati ottenuti ma anche di comportamento, partecipazione, relazione, adesione al progetto scolastico nella sua interezza. In questo progetto, mi sono stati inviati solo i soggetti più gravi. Ho assistito, in questo progetto, alla relazione dinamica tra soggetti trattati, Mediatore e ambiente fatto di insegnanti e genitori. La figura dello Psicologo formato è un ausilio forte per il successo scolastico.
Non ci può essere un’azione vincente se lo Psicologo applica il Metodo ad un bambino e il resto dell’ambiente non partecipa; l’ambiente è modificante tanto quanto lo è l’intervento del Mediatore. La classe lavora per l’obiettivo comune con i docenti.
AZ: F parla spesso di Passività nello stile classico della valutazione psicologica che è statica. Da parte di chi sente questa passività? Oltre ai soggetti interessati al Metodo, è possibile che nell’ambiente, magari anche quello istituzionale, vi siano degli elementi di passività? Ci vuole raccontare alcuni episodi?
La società ci vuole passivi e non pensanti. Tu devi imparare a memoria e basta. Nessuno vuole una società costruttivamente critica. Anche nell’ambiente produttivo, siano essi operai o impiegati, i soggetti devono produrre, non devono pensare.
Ecco perché oggi siamo di fronte a un cambiamento epocale e si assistono ai drammi di migliaia di persone allo sbando, senza orientamento. Hanno imparato a svolgere un solo compito, hanno imparato che la passività appresa negli ambienti di lavoro andava bene, che le domande e i perché delle cose non servivano. Le istituzioni, le grandi aziende sono di fronte alla grande problematica di rendere autonome quelle persone, in grado di affrontare i cambiamenti necessari alla prossima evoluzione.
I milioni di ore di cassa integrazione dovrebbero essere impiegate per potenziare programmi formativi affinché quei dipendenti possano credere nel cambiamento positivo partendo dalla loro stessa modificabilità. In una mia esperienza fatta a Reggio Calabria con un gruppo di soggetti anziani, ho somministrato loro il test di Raven prima di fargli il corso Feuerstein. Dopo il corso della durata di circa due settimane, ho riapplicato le Matrici assistendo ad una totale modificazione di tutti i presenti. Quel test richiede un certo ragionamento che evidentemente hanno imparato ad applicare dopo essere passati attraverso il Metodo.
I punteggi ottenuti dopo, erano significativamente aumentati; ciò implica una maggiore propensione alla riflessione e al ragionamento logico, al controllo dell’impulsività. Qualcosa era successo, anche solo a livello di motivazione allo svolgimento.
14.8 Cosa valuta il Metodo
AZ: Nelle valutazioni psicologiche cosa si valuta? L’abilità, la competenza, la padronanza, la potenzialità? Il QI è in grado di valutare la potenzialità di un soggetto?
Il QI non valuta le capacità o le abilità di una persona. Immaginiamo una situazione di somministrazione di un test statico per la valutazione del QI. Un soggetto che non ha mai visto un test, si vede un cronometro davanti con il tempo che scorre, arriva l’ansia per la prestazione, non conosce l’ambiente e la persona e magari ne è intimorito… come si può affermare che quel test sarà predittivo della reale capacità del soggetto? Ricordo inoltre che la valutazione dei soggetti disabili viene fatta con strumenti fatti per valutare soggetti normali, un disabile sarà ancora più in svantaggio in quanto quella valutazione non sarà tarata sul soggetto stesso.
AZ: Esiste quindi una differenza tra capacità e abilità? Differenza tra padronanza e competenza, cosa è valutabile e cosa no?
La capacità non è valutabile, l’abilità si, la competenza che la scuola dice di valutare non è valutabile bensì la padronanza. Io posso avere una grande competenza nella lingua italiana ma non la sua padronanza, posso non rispondere alla domanda sul participio passato di camminare, ma di fatto lo utilizzo tutti i giorni.
AZ: Cosa si valuta allora?
E’ meglio dare il pesce o insegnare a pescare? Ad oggi siamo di più nella fase di dare il pesce. Perché viene somministrato il Metodo anche alle figure manageriali? Non si dice loro che cosa devono fare, bensì li porti a riflettere su che cosa devono fare lavorando sulla loro creatività. Ancora una volta non si impara una tecnica, si insegna a pensare. Quel pensiero critico che oggi manca tantissimo nella società e nei giovani. Paradossalmente, non sappiamo che pesci pigliare perché nessuno ci ha insegnato a farlo.
AZ: Quanto l’emotività incide sulla prestazione cognitiva?
F aveva capito quanto il fattore emotivo può influire nelle prestazioni dei soggetti. E’ ancora il ruolo del Mediatore ad essere fondamentale nel condurre il soggetto senza incappare in contorni di emotività che altrimenti condizionerebbero eccessivamente i risultati. Il Mediatore non è un valutatore, non è chi ti mette in una situazione di ansia e di stress. Il Valutatore ti dice se è giusto o sbagliato un compito, il Mediatore invece afferma che è sempre giusto.
Va sempre bene. Attiva cioè una risposta di conferma che positivizza l’emotività del soggetto, la rende disponibile e fluida per il compito. F. punta al Mediatore come Persona e non come strumento. Bene ricordare come Piaget affermava che qualunque stimolo va a modificare l’organismo, anche quello indotto da una macchina o da un pc; F. afferma invece che la parte emotiva della Persona che media influisce sulla parte emotiva del soggetto e quindi sulle prestazioni. Questo non può essere fatto da una macchina, né i valutatori dovrebbero avvicinarsi alle prestazioni di una macchina. E’ qui che si crea l’esperienza di apprendimento mediatizzato, la cosiddetta EAM. Se non c’è un mediatore non abbiamo EAM. Il termine insegnante di sostegno è un termine inappropriato: chi dovrebbe sostenere? Meglio una definizione come mediatore cognitivo, un insegnante che conosce la mente dello studente disabile e sa in che modo lavorare per attivarla.
AZ: Il primo sotto-obiettivo espresso da F per il PAS riporta il correggere le funzioni carenti del processo mentale cognitivo e affettivo dell’individuo attraverso le presentazioni di una serie di esercizi. Quali di queste aree di processo, mentale cognitivo e affettivo risulta più rilevante nella sua esperienza e perché?
Sono aree che vanno in sinergia
AZ: Il terzo sotto obiettivo parla della creazione di un bisogno interiore. Come ci riesce?
Adottando i primi tre criteri di mediazione, intenzionalità, significato, trascendenza. Il Mediatore applica intenzionalità significa che io ti devo spiegare il perché di faccio fare alcuni compiti, coinvolgendo il soggetto nelle dinamiche del Metodo. in questo modo il soggetto è portato a capire il perché delle cose e ad interiorizzarlo. Gli devo dire che questo compito si fa in questo modo perché arriveremo a questo altro risultato. Si esprime un continuo coinvolgimento tra allievo e mediatore. Perché oggi facciamo la scheda nr 5? Perché l’ultima volta abbiamo fatto l’altra scheda che aveva questi obiettivi che si riallacciano a questa perché…
AZ: Lei utilizza il PAS con i soggetti che tratta: immagino che nella sua prassi lavorativa, si sia creato delle linee guida generate dai tanti anni di esperienza. Cosa ci dire in merito? Quali sono le sue linee personali nel Programma di Arricchimento Strumentale?
Le linee guida vengono modificate a seconda della persona con cui lavori. Ogni soggetto avrà delle linee di lavoro particolari a seconda degli obiettivi.
14.9 Il senso di Arricchimento
AZ: Leggendo il materiale del Professore, la parola arricchimento ha stimolato la domanda su che cosa significasse, su quali livelli cognitivi creasse il presupposto di arricchimento, dei contenuti, dei comportamenti appresi, della motivazione…
Si parla di Esperienza di Apprendimento Mediatizzato, è nell’esperienza che si crea arricchimento. F. non descrive un soggetto come disabile, piuttosto come un soggetto che è carente di esperienza. Io ti faccio fare delle esperienze mediate per cui tu impari. Se io ti dò una scatola chiusa e ti dico cosa c’è dentro, in base alle tue esperienze cercherai di cogliere il contenuto, provando a sbattere la scatola. Se le tue esperienze derivano da ambienti deprivati, anche a livello culturale, certe cose, anche banali, non sarai in grado di farle. Se l’ambiente invece è stimolante, positivo, la tua esperienza e più ricca. Nel caso di neonati con problemi è opportuno stimolarli continuamente perché il loro cervello funzioni di più. Se tu li deprivi e non li metti a contatto con esperienze positive e anzi, il tuo atteggiamento è di rinuncia, favorirai un ulteriore peggioramento della malattia. F. ha scritto quel bellissimo testo dal titolo “non accettarmi come sono”, se tu mi accetti con la mia disabilità, mi impedisci di fare esperienza.
AZ: Ma chi si arricchisce davvero? Se osserviamo la dinamica del Metodo, esiste il Soggetto, il Terapeuta/Mediatore, la Famiglia. Chi è sottoposto al processo di arricchimento e in quale modo?
Ogni soggetto si arricchisce in ragione della reale disponibilità alla modificazione, quasi una contaminazione che produce arricchimento.
AZ: Cosa significa per lei lavorare in un ambiente modificante secondo le premesse del Metodo?
Persone modificate che modificano l’ambiente. Il Mediatore lavora sui soggetti, i soggetti modificati impattano sulle famiglie, le famiglie sulla società.
AZ: Un’ultima domanda. Quale futuro per il Metodo? Esistono reali possibilità di applicazione in ambiti diversi da quelli terapeutico educativi?
Il corso per apprendere il Metodo forma alla figura di Mediatore. Poi ognuno lo applica nei rispettivi contesti, sanitario, educativo, lavorativo. Torniamo all’idea della dinamicità del Metodo, della plasticità che è evidente nell’adattamento del Metodo a situazioni differenti per persone con esperienze differenti. La formazione avviene dapprima sulle caratteristiche personali piuttosto che su di una tecnica.
Il Metodo ti cambia. In qualunque ambiente io mi trovo applico quei principi perché li ho fatti miei. Se fossi in ambito lavorativo, ad esempio, con una persona poca attenta e precisa, valuterei di adottare degli strumenti del Metodo che puntano alla precisione. Anche in ambito psicologico clinico il Metodo ha un ottimo potenziale: la mia esperienza mi ha portato a valutarne l’efficacia per i traumi cranici, l’infarto, la demenza. In quest’ultimo, ricordo una signora che ho trattato con il Metodo, bloccando il progredire delle demenza durante l’anno in cui la paziente è stata trattata con Feuerstein